La moda ha un problema di sostenibilità. Nel 2015, infatti, l’industria della moda è stata responsabile dell’emissione di 1.715 milioni di tonnellate di CO2. Si tratta di circa il 5,4% dei 32,1 miliardi di tonnellate di emissioni globali di carbonio, appena la seconda dopo l’industria del petrolio e del gas. Il consumo globale di abbigliamento e di calzature dovrebbe quasi raddoppiare nei prossimi 15 anni e con esso anche l’impatto negativo sull’ambiente. Negli ultimi anni, tuttavia, l’industria della moda e i suoi consumatori hanno finalmente iniziato a concentrarsi su questo problema: sono state lanciate molte iniziative e campagne di sensibilizzazione. Una grande enfasi era, ed è tuttora presente, sull’economia circolare come alternativa all’economia lineare. L’economia circolare è un sistema in cui l’input di risorse e gli sprechi, le emissioni e la dispersione di energia sono ridotti al minimo rallentando, chiudendo e restringendo i circuiti di energia e materiali. L’economia lineare, invece, è solitamente definita da un modello di “Take-make-dispose” e porta spesso al consumo di prodotti monouso.
Nel contesto della moda, l’economia circolare si ottiene progettando capi e accessori duraturi e senza tempo (a differenza della stagionalità del Fast Fashion) e molte “RE-s”: riparazioni, riutilizzi, ricicli e rinnovi per estendere la durata di un articolo. Ci sono molti ottimi esempi di circolarità nella moda: dai servizi di spedizione, come Vestiare Collective, TheRealReal, thredUP, alle marche che si concentrano su collezioni senza tempo con Everlane alla guida del movimento. Esistono, poi, programmi di raccolta e riciclaggio. I consumatori di Zara e H&M possono consegnare tessuti e indumenti che non utilizzano più per donar loro una seconda vita.
Buone notizie: sembra funzionare! L’economia circolare muove l’ago e aiuta il settore a essere più sostenibile. Ad esempio, il sito web di H&M mostra che l’azienda attualmente produce il 57% dei suoi prodotti con materiali riciclati o “di provenienza sostenibile”.
Quindi, può la circolarità essere la risposta al problema della sostenibilità della moda? La risposta è sì ma è necessario cambiare drasticamente il modo in cui opera l’industria. Fondamentale sarebbe avviare una produzione più intelligente. Gran parte della moda prodotta non viene mai venduta o trattenuta da un acquirente: secondo la Ellen McArthur Foundation, l’87% dei capi prodotti finisce in discarica o viene incenerito. Le aziende possono ridurre la quantità di inventario morto comprendendo meglio cosa vogliono i loro acquirenti e prevedendo la domanda in modo più accurato.
L’altra opzione è concentrarsi su collezioni senza tempo ed evitare la baldoria di 12 stagioni all’anno. La chiave è non produrre il più possibile e sperare che tutto venga venduto. L’anno scorso, H&M da sola aveva 4,3 miliardi di dollari di prodotto invenduto.
Nella lotta per il nostro futuro, la moda deve essere circolare ma prima di tutto deve rallentare la sua crescita, prevedere ciò che gli acquirenti vogliono effettivamente e tagliare la sovrapproduzione.